venerdì 29 giugno 2012

L’ADOTTABILITÀ NON È VINCOLATA ALLA PROVA DEL DANNO” – Cass. 9945/201



Ancora un’occasione di leggere la vita, sia pure tra le maglie strette della Cassazione.
Origine del provvedimento della Corte di Cassazione è nella contestazione della dichiarazione dello stato di adottabilità della propria figlia oggetto di reclamo in Appello.
Esaminando gli elementi di fatto che si colgono dalla descrizione della fattispecie: La madre ha  “condizioni personali che richiedono un costante supporto esterno”; al suo fianco vi è un signore che “non è neanche il padre naturale della bambina”.
La Corte territoriale conferma il provvedimento di primo grado ritenendo per la madre “risolutivo quanto accertato dai consulenti sulla sua inadeguatezza a svolgere un ruolo genitoriale continuativo e capace di sostenere una crescita equilibrata e serena della minore”. La valutazione è basata“sulla prognosi negativa dei consulenti circa la possibilità di evoluzione della capacità genitoriale”.
La difesa, ricorre in Cassazione sul presupposto diritto del minore a crescere nella propria famiglia  (Legge 149/01)  e contestando nello specifico che la valutazione messa a fondamento dello stato di adottabilità non può “discendere da un mero apprezzamento circa la inidoneità dei genitori a cui non si accompagni l'ulteriore positivo accertamento che tale inidoneità abbia provocato o possa provocare danni gravi e irreversibili all'equilibrata crescita”.
I giudici di legittimità ritengono “pregnanti e sofferte considerazioni della Corte di appello, argomentatamente fondate sulla condizione estremamente difficile della D.F. - che la stessa difesa dei ricorrenti correttamente riconosce”.
Qualche osservazione va fatta, rispetto ad una situazione tanto sofferta e complessa quanto giuridicamente semplificata: il parallelismo tra le argomentazioni della difesa ed i principi posti alla base della declaratoria di decadenza (art. 330 c.c.).....................

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